[Cos’è «ansia per la salute» o Ipocondria]
La cosa peggiore non è la malattia in sé, ma il pensiero che la cosa più brutta possibile potrebbe accadere.
Svelato così il tema centrale dell’ansia da malattia.
La persona che ha questo disturbo compie un errore enorme, pensa che esista prova assoluta di malattia; tutte le informazioni vengono ritenute rilevanti per conoscere la condizione della propria salute, e sì, tutto diviene prova assoluta della presenza di una malattia.
Concentrarsi sulla malattia in sé però non serve a nessuno. Il sintomo è reale, sentono realmente quel disturbo fisico, non è nella mente. E non vogliono fare le vittime o fingere di stare male per ottenere attenzione. A volte ne riconoscono l’esagerazione, ma non riescono a far a meno di preoccuparsi.
Fondamentale per comprendere l’ipocondria è la credenza della persona di essere fragile, debole e vulnerabile, con una probabilità altissima di essere quell’1 su 100.000 con quella patologia.
La persona con ipocondria si pone come scopo assoluto quello di non essere ammalato o di non soffrire o di non essere debole o ansioso, ed è proprio questo a non aiutarlo.
Ogni sintomo cattura l’attenzione immediatamente come un metal detector sempre acceso che inizia a suonare alla più piccola monetina, e così la mente attiva uno degli errori che mantengono il disturbo, l’attenzione selettiva. Ci si dimentica di tutto il resto, non si fa caso a ciò che funziona o non è dolorante; l’unica cosa che cattura l’attenzione è la sensazione e il conseguente pensiero di inevitabilità di malattia. Ecco che poi al metal detector si aggiunge l’album dei ricordi e tutte le volte in cui ha fatto bene a preoccuparsi perché poi alla fine, qualcosa qualcosa, lo si trova sempre.
Certo, perché se dovessi pensare di avere una malattia comincerei a cercare anche io le informazioni su di un motore di ricerca e Google mi dirà di certo che sto per andarmene dalla terra o alla meno peggio, mi spunterà la coda.
La ricerca di informazioni viene inficiata da un altro errore cognitivo, il bias di conferma. La persona con ipocondria si concentrerà su tutto ciò che può essere compatibile con la paura che sente e tutto questo avverrà e si aggraverà molto presto, però questo è un altro errore cognitivo, (Catastrofe!).
Potrebbero non essere sufficienti le informazioni acquisite, ora vi è bisogno di una diagnosi medica. Ecco che la persona con ipocondria cerca in tutti i modi la rassicurazione. Ma se ricerco rassicurazione, che messaggio sto mandando alla mia mente? Vi risuona un po’ l’idea di essere debole, fragile, non in grado di..? La rassicurazione è un’arma a doppio taglio, la persona coinvolge coloro che vivono accanto all’ipocondria e tutte le figure mediche o di cura che possono, nel minor tempo possibile. Ma questo vuol dire confermare un’unica idea: “Io non riesco a tollerare l’ansia di pensare di avere una malattia, io sono fragile e debole.”
[Vivere accanto a persone con Ipocondria: Come si sente e cosa pensa un Familiare]
Vivere accanto all’ipocondria significa trovarsi inizialmente spaesati e preoccupati proprio come loro.
La persona con ansia da malattia riesce immediatamente a convincerci della veridicità della possibilità di aver una patologia. Sono proprio convincenti nella loro ricerca di informazioni confirmatorie e noi ci cadiamo in pieno.
Ci sentiamo poi inermi. Tante visite, tanti tentativi di rassicurazione sempre più necessari e mai abbastanza. Cresce l’impotenza. Cresce la frustrazione.
“Non ha nulla, si preoccupa per niente. Non se ne può più.”
La mamma magari ancora gli sta dietro, il padre lo ignora, la sorella lo prende in giro, la fidanzata non ne può più.
Vivere accanto ad una persona con ansia da malattia si ritrova coinvolta in un vortice che richiedere un bel respiro profondo, tanta pazienza, la comprensione del problema e aggiustare un po’ il tiro del proprio comportamento, evitando quindi di essere inclusi tra i meccanismi di mantenimento.
Atteggiamenti iperprotettivi e una eccessiva attenzione ai sintomi sono stati alcuni degli incipit della patologia allora perché non far tesoro di questa informazione e provare comportamenti più utili? Li vedremo insieme.
Chi convive con persone che hanno questo tipo di problema pensano di non poter fare mai abbastanza per aiutare l’altro.
Alcuni cercano in tutti i modi di convincerli dell’infondatezza delle loro preoccupazioni, inutilmente. Altri sminuiscono talmente tanto il problema da far emergere un clima di incomprensione e giudizio. Altri ancora pensano che i sintomi siano solo nella loro testa.
Andiamo a scoprire alcune strategie per gestire la situazione.
[Ipocondria, come gestire la situazione]
Ad ognuno la propria responsabilità. Per poter gestire bene la situazione e contrastare l’idea di debolezza e fragilità dobbiamo necessariamente fare un passo indietro e permettere alla persona di sperimentarsi, riprendere la propria responsabilità per la propria salute e scoprirsi meno dipendente dagli altri.
Assecondare ciò che è utile. Prendere appuntamenti per la visita medica o diagnostica al posto della persona con ipocondria non solo non è utile ma mantiene il problema confermando sempre di più che c’è qualcosa per cui preoccuparsi. Infatti, assecondare tali comportamenti permette di confermare che la paura non è irrazionale e anzi è lecita.
Rassicuratelo sì, ma solo di amarlo. Far capire alla persona con ipocondria che gli vogliamo bene nonostante la sua difficoltà. Il sentirsi fragile e vulnerabile mette la persona in condizioni tali da pensare di non essere amabile per le proprie stranezze. Rassicurarlo invece rispetto alla probabilità e percentuale di possibilità di avere una grave malattia sarà completamente inutile se non addirittura deleterio.
Chiedete rispetto e date rispetto. Quando la persona si trova in pieno rimuginio difficilmente comprende di star chiedendo eccessive azioni agli altri. Definite un confine entro il quale vi proponete disponibili all’ascolto per un tempo predefinito, il vostro tempo è prezioso e non è utile a nessuno dei due sprecarlo in rassicurazioni. Rispettate, dopo aver compreso il funzionamento del problema, sia il problema stesso che la persona.
Sì a sostegno e comprensione. Giudicare non ha mai aiutato nessuno. Esprimere il proprio sostegno e comprensione per il disagio che la persona sta vivendo ci permette di avere un clima più disteso e sereno. Vivere accanto ad una persona con ipocondria significa anche comprendere quali siano le emozioni che l’altro sente senza entrare in merito al contenuto dei suoi pensieri irrazionali.
Concedetevi maggiore tempo di salute da passare insieme. Una buona attività fisica, una sana alimentazione, un buon sonno e sane routine sono difficili da mantenere ma farlo insieme aiuterebbe entrambi a rafforzare la propria mente e la propria forza fisica, mettendo in dubbio così, l’idea di fragilità e vulnerabilità.
Sdrammatizzare e ironizzare, con il giusto equilibrio. Far percepire l’assurdità delle proprie idee a volte aiuta a ridimensionare il pensiero disturbante, permettendo di riprendere un maggiore esame di realtà. Mi raccomando di utilizzare con parsimonia questa indicazione, tenendo sempre presente chi si ha davanti e quanto sia sensibile all’ironia.
Se ti trovi a vivere accanto a persone con ipocondria e senti di non poter gestire da solo/a la situazione consulta uno psicologo psicoterapeuta.
Grazie per aver letto l’articolo.
Dott.ssa Cinzia Borrello, Psicologa Psicoterapeuta cognitiva e cognitiva comportamentale e Terapeuta EMDR II livello.
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